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La mia cucina etrusca

Quando si parla della cucina etrusca, è essenziale ricordare che le nostre conoscenze sulle ricette e le preparazioni sono perlopiù ipotetiche. Purtroppo, la letteratura culinaria dell’epoca e le fonti dirette sono quasi inesistenti. Le poche informazioni che possediamo ci giungono attraverso gli scritti di autori romani e greci, ma lo studio della cucina etrusca si basa principalmente su affascinanti scoperte archeologiche, come le raffigurazioni sui vasi e le pitture sulle pareti delle tombe. Inoltre, analisi scientifiche di resine e resti di alimenti trovati in vasi e manufatti come contenitori da cottura, spiedi, gratelle, mestoli e bracieri ci offrono spunti interessanti per ricostruire antiche tradizioni culinarie.

Un’importante fonte di informazioni è costituita dalle sostanze presenti nelle ossa degli scheletri rinvenuti durante gli scavi. Gli antropologi hanno scoperto che, in alcuni gruppi analizzati, la dieta era principalmente a base di cereali, come testimoniato dalla forte presenza di stronzio nelle ossa, mentre in altri, l’alimentazione era più ricca di proteine animali, con tracce di zinco che suggeriscono un consumo abbondante di carne. Questi dati suggeriscono una varietà di cibi e un’alimentazione complessa.

Gli scavi archeologici condotti dai nostri ricercatori ci offrono uno spaccato della vita etrusca attraverso i secoli, dall’età del Bronzo all’epoca romana. I principali alimenti consumati dai nostri antenati comprendevano frutta, verdura, legumi, nonché animali come suini, ghiri (allevati in orci), animali da cortile, ovini e bovini, destinati anche

Attizzatoio e Braciere. Da Populonia, San Cerbone, Tomba delle bydriai di Meidias; Bronzo; produzione etrusca, metà del V sec. a. C.; Firenze, Museo Archeologico Nazionale

alla produzione di latte e formaggi. Ma non solo: la caccia forniva prelibatezze come cervi, caprioli, lepri, cinghiali e persino orsi bruni.

I ritrovamenti di numerosi contenitori da cottura, di forme variegate e spesso trovati come corredi funebri, ci rivelano una cucina etrusca ricca e raffinata, in cui la preparazione dei cibi era un vero e proprio rituale. I vasi ceramici, spesso trattati con impasti speciali per aumentarne la resistenza al calore, testimoniano una grande cura per la digeribilità dei piatti, arricchiti da spezie ed erbe aromatiche di cui gli etruschi avevano una profonda conoscenza. L’alloro, pianta sacra e simbolo di purificazione, era tra le più importanti. Le sue proprietà curative, come il miglioramento della digestione e il suo effetto antispastico e diuretico, erano ben note. Durante i banchetti, veniva utilizzato anche come corona, ritenendo che il suo profumo aiutasse a mantenere la sobrietà, attenuando gli effetti del vino. L’alloro, simbolo di gloria, ha attraversato i secoli: dai romani che lo usavano per incoronare gli imperatori, al Rinascimento con la sua connessione alla letteratura, fino ai giorni nostri, quando corona i neolaureati, celebrando un traguardo importante come il dottorato.

Questo affascinante viaggio ci offre uno spaccato delle abitudini culinarie e sociali di un popolo straordinario. Gli antichi Etruschi, veri custodi di un patrimonio culturale inestimabile, sono stati pionieri nella trasmissione di tradizioni e costumi sociali che ancora oggi suscitano ammirazione. La loro cucina, un perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione, ha saputo creare sapori così raffinati da sfidare il passare dei secoli, sopravvivendo e influenzando l’evoluzione del gusto nei secoli successivi.

Uno degli ingredienti fondamentali della cucina etrusca era sicuramente il vino, che possiamo definire la colonna sonora della storia del Mediterraneo. Questo “vinum”, come lo chiamavano gli etruschi, non solo era una bevanda simbolo di convivialità, ma anche un motore di scambi commerciali che attraversavano tutto il Mediterraneo. Gli etruschi furono pionieri nell’esportazione del vino, proprio perché in Etruria la vite trovava un terreno ideale per crescere. Il vino etrusco era spesso speziato e diluito con acqua, a volte con acqua di mare, e nelle resine rimaste all’interno di contenitori da trasporto come le anfore sono state trovate e analizzate, rilevando una lunga serie di prodotti anche non alimentari: gesso, cloruro di sodio, cenere, pece con resine, scaglie di ostriche tritate, alloro, miele, cannella, chiodi di garofano, formaggio, erbe aromatiche come: rosmarino, anice, finocchio, e poi mandorle, pepe, ambra, muschio, susina, persino la mandragora, pericolosa erba velenosa, come aromatizzante per il vino,conferendogli un tocco misterioso. La mandragora era considerata una pianta magica. Si riteneva che fosse capace di procurare sogni rivelatori. La mandragora vanta una lunga tradizione come pianta mistica, afrodisiaca, allucinogena e medicinale. Reperti archeologici egiziani risalenti al XIV secolo a.C. (durante la XVIII dinastia) testimoniano la conoscenza delle proprietà di questa pianta. Nel Papiro di Ebers viene citata per vari usi: insieme al fiore di loto e al papavero da oppio – altre piante con proprietà psicoattive – veniva impiegata per la preparazione di unguenti in grado di indurre stati ipnotici, estatici e di trance. Questa pianta contiene alcaloidi che effettivamente possono provocare visioni, sensazioni di volo e impressioni di mutazione fisica.

Possiamo dire che gli etruschi sono stati i precursori dei vini speziati che ancora oggi conosciamo, come il vin brulé, la sangria e vari vermut.

“Si fanno apparecchiare due volte al giorno tavole sontuose, con tutto ciò che contribuisce a una vita raffinata, con tovaglie ricamate a fiori, molti vasi d’argento, e si fanno servire da un nuvolo di servi” (Posidonio, II secolo a.C.). La vita sociale etrusca era intrinsecamente legata ai banchetti, che non erano solo momenti di nutrimento, ma eventi vitali, carichi di musica, danza, gioco e riti. Il Kottabos, un gioco che si svolgeva con il vino residuo nelle coppe, era uno dei passatempi più amati, simbolo di quella cultura spumeggiante e conviviale.

Vendemmia su un vaso etrusco, VI secolo a.C.

Kylix a figure rosse, produzione attica. Pittore di Brygos, 490-480 a.C. Firenze, Museo Archeologico Nazionale

Kylix attica a figure nere con satiri che vendemmiano, 530-520 a.C. Firenze, Museo Archelogico Nazionale

Nel periodo etrusco, la donna aveva una posizione di assoluta parità con l’uomo, una rarità nel contesto mediterraneo dell’epoca. Partecipava ai banchetti, gestiva i propri beni e godeva di una libertà sociale e sessuale che ancora oggi sorprende, contribuendo in modo determinante al mantenimento delle tradizioni culinarie. Questo stupendo periodo di storia del mediterraneo è stato sopraffatto da regole legate alle varie religioni a discapito della donna e ancora oggi nel mondo moderno, se cosi si può dire, la donna in alcuni casi, è costretta a combattere ancora per la parità dei sessi.

l risultato e la ricostruzione della mia cucina etrusca si basa su un’accurata ricerca di ingredienti e spezie usati nel periodo, alcuni dei quali sono ormai caduti in disuso. Grazie alle raffigurazioni sui vasi, alle pitture delle tombe, alle analisi scientifiche e agli scritti lasciati da autori romani, è possibile ricostruire piatti etruschi che, in alcuni casi, sono ancora parte della nostra tradizione, come acqua cotta, lepre in dolce e forte, cinghiale a bujone, peposo, cacciucco e tante altre zuppe saporite.

Questi piatti non sono solo il frutto di un lavoro di ricerca, ma rappresentano un omaggio a una cultura che ha segnato indelebilmente la storia del Mediterraneo.

G. IUPPA

Anfora contenente garum, derivante dalle Navi di Pisa, Firenze, Museo Archeologico Nazionale.